Si fanno sempre più nitidi i contorni del duplice delitto di Teggiano in provincia di Salerno. Una tragedia che, per molti versi, presenta ancora diversi punti da chiarire, mentre si delinea lo svolgersi degli eventi nella dinamica della lite che ha provocato la morte dei due soci del Salumificio «Il Principino», Antonio Di Mieri di Teggiano di 58 anni e Vincenzo Amato, di 69 anni, di Monte San Giacomo.
Proprio nelle ultime ore, infatti, dalle indagini degli investigatori è emerso che il quarto colpo esploso dalla Beretta calibro 7,65 rivelatosi fatale per Antonio Di Mieri è partito dalla sua stessa mano all'interno del garage della sua abitazione. Dagli ultimi elementi giunti in possesso dalle indagini dirette dal Procuratore della Repubblica di Sala Consilina, Amato Barile, ed eseguite dai carabinieri della compagnia di Sala Consilina, coordinati dal capitano Domenico Mastragiocomo, e dai carabinieri del nucleo operativo con il tenente Giovanni Prisco sarebbe infatti emerso che il primo a sparare, dopo una lite furibonda tra i due soci, sarebbe stato Vincenzo Amato. La pistola, di proprietà del fratello di Di Mieri, l'avrebbe estratta dal cassetto della scrivania del loro ufficio. Due colpi diretti contro il suo amico che colpiscono la spalla. Di Mieri si accascia a terra. Forse perde addirittura i sensi.
Intanto Vincenzo Amato esce fuori dall'ufficio. Si ferma nell'atrio dell'edificio. Passano cinque, forse dieci minuti. Fuma nervosamente in preda al panico. A terra vengono rinvenuti ben quattro mozziconi di sigaretta. Ma Di Mieri si riprende. Si alza, afferra la pistola che Amato aveva lasciato sulla scrivania, prende la mira e spara un colpo colpendo alla nuca il suo amico. Amato cade a terra senza vita. Di Mieri non è ferito gravemente. Seppur sanguinante per i due proiettili conficcatisi nella spalla, si mette al volante della sua BMW 530 e si dirige verso la sua abitazione ubicata in via Perillo 1. Con sé porta anche la pistola usata da entrambi i soci dopo la lite. Tanti i pensieri che intanto occupano la sua mente. Giunge a casa. Infila la macchina nel suo garage. In cucina lo aspettano per il pranzo. All'improvviso si ode un colpo di pistola. Uno dei suoi due figli corre in garage. Sposta il corpo del padre quasi senza vita, si mette al volante dell'auto e si dirige al vicino Saut di via Caldarola. Ma è inutile: il padre non regge a quel colpo che è partito, non si sa se volontariamente o accidentalmente, e lo ha colpito al cuore.
Diverse, ancora, le cosa da chiarire. Ad esempio la pistola si trovava già in ufficio o è stata portata da Di Mieri in occasione dell'incontro con il socio? Perchè Di Mieri, scappando dall'ufficio, l'ha portato via con sé? Aveva forse intenzione di nascondere l'arma del delitto? E perchè Di Mieri non è andato direttamente in ospedale? Ulteriori dettagli emergeranno dopo gli esami autoptici affidati al medico legale Luigi Mastrangelo. Bisogna attendere almeno 15 giorni per i risultati. Ieri mattina, intanto, nell’ azienda, i cui locali sono stati sottoposti a sequestro, sono ritornati gli agenti della polizia scientifica.
Rocco Colombo
tratto da: www.ilmattino.it |