I due soci si incontrano nella loro azienda di salumi. Sono Antonio Di Mieri, 58 anni e Vincenzo Amato, 69. Sono soci e amici da una vita. Ma la discussione assume toni sempre più violenti. Di Mieri, in un cassetto custodisce una pistola, di proprietà di suo fratello. Prende quella pistola, forse la posa sulla scrivania. Amato la prende, è lui, secondo la ricostruzione, a sparare per primo. Tre colpi non mortali che attingono Di Mieri al torace. Spara e se ne va. Di Mieri, ferito ma vivo, prende l’arma e con un solo colpo fredda Amato, colpendolo alla fornte. Poi con quella pistola fugge e con la sua Bmw raggiunge casa sua, non l’ospedale. Non può recarsi in ospedale altrimenti dovrà confessare di aver ucciso il socio. E’ il figlio ad accompagnarlo al Saut, visto il peggioramento delle sue condizioni. Ma dopo poco muore anche Di Mieri. E nella Bmw sarà ritrovata la pistola. È questa l’ultima ricostruzione del delitto fatta dai carabinieri coordinati dal procuratore della repubblica Amato Barile. Il gravissimo fatto di sangue, verificatosi ieri a Teggiano, non è quindi, come si pensava sulle prime, un omicidio suicidio, anche se l’ipotesi non è ancora del tutto scartata. È un doppio omicidio. I due soci, amici per la pelle, secondo i carabinieri si sono uccisi a vicenda. A perdere la vita sono stati i titolari di un impianto di produzione di salumi, il "Salumificio Principino", ubicato in contrada Codaglioni, nella zona industriale. Si tratta di Antonio Di Mieri Vincenzo Amato, il primo residente a Teggiano, il secondo a Monte San Giacomo. La tragedia si è verificata all'interno dello stabilimento, alle 13,15 esatte. All'interno dell'azienda, in quel momento, non si trovava nessun dipendente e, pertanto, la tragedia si è consumata senza testimoni. L'unica ad aver visto i due soci, qualche munito prima di uscire è stata la segretaria dell'azienda, che non poteva certamente pensare che, da lì a poco, sarebbe scoppiato l'inferno. Era l'ora di pranzo e tutti, nelle vicinanze, hanno udito quattro colpi di pistola. Tre di questi si sono conficcati tra l'addome ed il petto di Antonio Di Mieri; l'altro, invece, sparato da distanza molto ravvicinata, come hanno confermato le prime perizie balistiche, si è conficcato nella fronte di Vincenzo Amato. Il primo dato certo è che non c’è il coinvolgimento di altre persone. Altro dato certo è la pistola da cui sono partiti tutti e quattro i colpi. Si tratta di una Beretta calibro 7,65, di proprietà di Di Mieri. I due potrebbero essersi colpiti a vicenda dopo una lite, utilizzando la stessa pistola. Amato è stato trovato nel proprio ufficio un colpo di pistola alla fronte. Elemento che ha indotto gli inquirenti ad escludere, in serata, che l'uomo dopo aver fatto fuoco contro il socio si sarebbe ammazzato. Sarà il guanto di paraffina che accerterà chi abbia impugnato l'arma, arma di proprietà di Di Mieri.
ROCCO COLOMBO
tratto da: www.ilmattino.it |