C’è ora, infatti, in agguato lo "smart working" ( Lavoro Agile) che – c’è da giurarci – a breve rimpiazzerà la vita da ufficio con orari elastici e device digitali.( pc portatili, tablet, cellulare ecc). L'esperimento, già in fase avanzata in Lombardia , sembra – dai riscontri sulle prime stime degli analisti - funzionare: le note ufficiali parlano di «centinaia di adesioni» tra il centro delle città lombarde e il suo “attrezzato” hinterland , a recepire tale nuova concezione di “modus operandi” del lavoro c’è un esercito di professionisti appostati in luoghi decisamente tranquilli quali bar , biblioteche, abitazioni private e aree a uso e consumo del ccdd co-working, il nuovo modo di concepire e condividere il “naturale” ambiente di lavoro. Questo “ salto fuori dalle rigidità aziendali” si tradurrebbe in «più tempo per sé, più qualità della vita, più produttività, meno stress e meno inquinamento»: svegliarsi e avere quale prima timida reazione istintiva quella di accendere il proprio pc per proseguire - ripristinando il sacro rito della colazione mattutina - sorseggiando il caffè e “approcciarsi “ con il programma da lavoro già stabilmente radicato nella propria “testa” renderebbe tutto più semplice e allo stesso tempo, incisivo e efficace in termini di produttività . Scrivere, infatti, relazioni dal bar sotto casa o in piazza centrale avrebbe un impatto sulla vita rendendola più rilassata e briosa. La marcia in più dello smart working resta comunque, il risparmio. Una ricerca della School of Managament del Politecnico di Milano ha già evidenziato come il salto al telelavoro salverebbe 37 miliardi di euro all'anno di spese improduttive, nel mix tra aumento di produttività (+27 miliardi) per le imprese/committenti/datrici di lavoro e un correlato taglio dei costi diretti o indiretti per ben 10 miliardi. Non si può , in questa approcciata analisi di costi , non pensare anche al vantaggio in termini ambientali e i naturali riflessi sul bilancio pubblico/statale : 4 milioni di euro in meno a carico dei cittadini ed emissioni di CO2 ridotte di 1,5 milioni di tonnellate. Insomma numeri e dati che parlano da soli sulle potenzialità di innovazione che lo smart working può rendere alla filiera imprese/ lavoratori: non conterà più stare in ufficio. Il dipendente sarà libero di scegliere quando e se lavorare da casa usando il Web per restare in contatto con i colleghi. I livelli di produttività vengono mantenuti e incrementati attraverso una naturale e conseguente responsabilizzazione. A Tutti sarà attribuita una meta e un preciso compito: gli stessi dovranno quindi usare la testa e nessuno – mancandone il contatto fisico- può più fare a scaricabarile su pignoli e /o antipatici colleghi di “stanza” Lo smart working sta diventando quindi un autentico modello organizzativo cui le organizzazioni di successo stanno sempre più guardando e, naturalmente , investendo Purtroppo in Italia , specie nel nostro Mezzogiorno, non c’è stata – e c’era da aspettarselo - una partenza sprint : probabilmente perchè il concetto “lavoro” è ancora legato ai soliti ( e obsoleti) vecchi schemi tradizionali . La cultura & regole innovative vengono spesso scambiate per soprusi e/o elusive ai rigidi cliché normativi anche quando tutto è chiaro e riflesso in un mercato dinamico e favorevole a “nuove logiche” di pensieri e azioni applicative. Oggi abbiamo percentuali ancora molto basse per il “gemello telelavoro tradizionale “ rispetto ad altri paesi, siamo tra il 4 e il 5%, mentre la Danimarca è oltre il 15%. Ma a livello culturale, di sensibilizzazione e di diffusione di conoscenza ci stiamo muovendo, basti pensare al successo della giornata del Lavoro Agile tenuta nei giorni scorsi a Milano. Sarà, quindi, un cambiamento soprattutto culturale questo dello smart woking che vede coinvolto e gradito alleato proprio il supporto delle nuove tecnologie. Forse non a caso anche il legislatore proprio nei giorni scorsi ha fatto “l’occhiolino” a tale nuovo concetto di lavorare: E’ stata depositata , infatti, il 29 gennaio la proposta di legge che regolamenta lo Smart Working (“Norme finalizzate alla promozione di forme flessibili e semplificate di telelavoro”,) nei CCNL (contratti collettivi di lavoro di qualsiasi livello), con specifico accordo economico, strumenti informatici e obblighi di sicurezza su misura.. C’è in agguato comunque l’incognita della prossima giurisprudenza con un ruolo quasi certamente determinante nei prossimi anni: anche questo nuovo disegno di legge, infatti, non tende a disciplinare la materia del lavoro in termini unitari, ma guardano a singole fattispecie come quelle del telelavoro subordinato e parasubordinato e non professionale- come dovrebbe essere visti i suoi connotati , nda -e ciò a discapito della tutela e salvaguardia delle giovani potenziali leve , autentici “primi attori” nel futuro .
Al di là delle prospettive di un ingarbugliato “naturale contenzioso” che potrà generarsi , ciò che conta è che il “DIO lavoro” – visti i tempi- si smuova dall’attuale perimetro/pantano delle rigide norme che lo irretiscono e si adegui con tutta fretta ai tempi : mai come ora è necessario aprirsi a nuovi concetti , quali la collaborazione, l’autonomia e la flessibilità nella scelta degli spazi e degli stili di lavoro, la valorizzazione dei talenti, la responsabilità e l’innovazione diffusa : tutti elementi questi che nolente o dolente dovranno prendere sempre più piede nelle aziende indipendentemente dalla loro dimensione.
Enzo Carrella
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