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Rubrica Fisco e Diritto: privacy e personaggi pubblici


01-08-2012

Con internet, i blog, i social network, le varie forme di televisione diviene sempre più forte la necessità di tutelare la riservatezza, l'identità e la dignità delle persone. E ciò che ormai vale per ogni aspetto della vita sociale, vale anche per l’informazione. Coloro che esercitano una funzione pubblica o che sono comunque noti al pubblico, hanno una aspettativa di privacy limitata. Fa parte della notorietà o della funzione svolta esporsi ai riflettori dei media, spesso anche esibendo, volenti o nolenti, aspetti della propria vita privata. Il Codice in materia di protezione dei dati personali, decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, prevede peraltro che tutto ciò che viene reso noto dall’interessato, direttamente o attraverso propri comportamenti in pubblico, può essere liberamente trattato dal giornalista. La vigente legge sul diritto di autore stabilisce che non si deve chiedere il consenso per pubblicare immagini giustificate ‘’dalla notorietà o dall’ufficio pubblico ricoperto’’. Il Garante della privacy ha chiarito che la notorietà non necessariamente può ripercuotersi sui congiunti del personaggio, non coinvolti nei fatti, in particolare se minorenni. Per il resto il Codice deontologico segna un confine assai netto, la sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata con riferimento alle sole informazioni che ‘’non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica‘’. Inoltre viene spesso lamentato che le pubbliche amministrazioni giustificano la propria decisione di non fornire informazioni ai giornalisti dietro una supposta applicazione della legge sulla privacy. Al riguardo è stato più volte evidenziato anche dallo stesso Garante per la protezione dei dati personali che la legge n. 675/96, prima, e ora il Codice della privacy non hanno inciso in modo restrittivo sulla normativa posta a salvaguardia della trasparenza amministrativa e che, quindi, la disciplina sulla tutela dei dati personali non può essere in quanto tale invocata strumentalmente per negare l’accesso ai documenti, fatto comunque salvo il peculiare livello di tutela assicurato per certe informazioni e, in particolare, per i ‘’dati sensibili’’, dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Le difficoltà per il giornalista di accedere a determinati documenti in possesso di uffici pubblici deriva non tanto dalla disciplina sulla protezione dei dati personali, quanto dalla normativa sull’accesso ai documenti amministrativi, legge 241 del 1990 che, laddove il documento non è segreto, impone comunque di valutare l’eventuale necessità di tutelare la riservatezza di un terzo, ma prima ancora prescrive che chi richiede il documento debba dimostrare la necessità di disporne per la tutela di un interesse giuridicamente rilevante e concreto. Il giornalista può quindi chiedere di acquisire le informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni utilizzando gli strumenti previsti dall’ordinamento giuridico,presentando istanza in conformità a quanto previsto dalla legge 241 del 1990 o da leggi speciali o, più semplicemente, consultando albi, elenchi, quando la legge ha previsto un siffatto regime di pubblicità. Rimane poi affidata alla responsabilità del giornalista l’utilizzazione lecita del dato raccolto e quindi la sua diffusione secondo i parametri dell’essenzialità rispetto al fatto d’interesse pubblico narrato, della correttezza, della pertinenza e della non eccedenza, avuto altresì riguardo alla natura del dato medesimo.


Dott. Pietro Cusati
Direttore Amministrativo del Ministero della Giustizia
Giudice Tributario
Giornalista-Pubblicista
 




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